Il 1° novembre 2015 scatta l’obbligo, per tutti i Comuni non capoluogo di Provincia, di affidare lavori, forniture e servizi, tramite centrali di committenza, soggetti aggregatori o sistemi elettronici.
A partire dal primo novembre p.v., i Comuni non capoluogo di Provincia non possono più indire gare o procedere, comunque, ad affidamenti di lavori, servizi e forniture, se non per il tramite di forme aggregative, centrali di committenza o soggetti aggregatori, oppure mediante l’utilizzo di strumenti elettronici di acquisto.
Approfondimenti
L’art. 33, comma 3 bis, del d.lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), introdotto dalla L. 241/2011 e, da ultimo, modificato dall’art. 23 bis della L. 114/2014, ha stabilito che i Comuni non capoluogo di provincia, a far data dal 1° novembre 2015, non possano più procedere autonomamente all’affidamento di lavori, forniture e servizi, tant’è che l’Autorità Nazionale Anticorruzione (A.N.A.C., ex Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici) non rilascerà agli enti locali il codice identificavo gara (CIG).
Gli enti locali in questione, dunque, avranno a disposizione tre possibilità:
1) organizzarsi o aderire a forme collaborative tra comuni (unioni di Comuni, ex art. 23 del d.lgs. 267/2000 o accordi consortili che si avvalgano degli uffici delle Province);
2) rivolgersi ad un soggetto aggregatore, o alle Province;
3) utilizzare gli strumenti elettronici gestiti da Consip S.p.a. o altri soggetti aggregatori.
La norma conclude precisando che, per i Comuni istituiti a seguito di fusione, la norma si applica a decorrere dal terzo anno successivo a quello di istituzione.
Si ricorda, infine, che ai sensi dell’art. 23 ter, comma 4, della L. 214/2011 i Comuni, con popolazione superiore ai 10.000 abitanti, possono continuare ad affidare in piena autonomia, lavori, forniture e servizi d’importo inferiore ai 40.000 euro.
Fonte: Unindustria